Padre Ortensio da Spinetoli, un ricordo personale di Graziella Carassi
Desidero portare alla memoria di molti, non solo della mia, la figura del grande Religioso Esegeta e Biblista, Padre Ortensio da Spinetoli, a poco più di un anno dalla morte, avvenuta a Recanati il 31 marzo 2015, all’età di 90 anni.
E’ stata officiata per Lui una Messa di commemorazione a Spinetoli, nel “Santuario della Madonna “, miracolosa per i soldati in guerra i quali, da tutta la provincia di Ascoli Piceno e da altre parti, si rivolgevano a Lei per ricevere la Sua protezione e che poi l’avevano ringraziata con molti ex–voto. Questa chiesa è situata di fronte alla casa natale di Nazzareno Urbanelli (il futuro p. Ortensio), dove il bambino andava a prestare il suo servizio di chierichetto.
Alla cerimonia, oltre a parenti e ad amici, erano presenti i giovani della famiglia Urbanelli, con i figli e i nipoti di Francesco, fratello del defunto , insegnante a riposo di 95 anni , che non è stato messo al corrente della morte di Ortensio. Però era rappresento da sua moglie Adelfia. Gli altri due fratelli, p. Callisto e p. Agatangelo, anch’essi Frati Cappuccini e scrittori, sono morti da tempo.
Fra i veri amici, ritengo di potermi ascrivere anche io. Conobbi p. Ortensio ad Osimo , alla metà degli anni ’60, ad una conferenza da Lui tenuta sull’ “Infanzia di Gesù”. C’era un clima di forte attesa, quel giorno, perché la notorietà nazionale ed internazionale del grande studioso biblico, e la novità delle sue osservazioni teologiche attraevano e richiamavano l’attenzione di molte persone, anche di quelle che Gli si sarebbero rivelate in radicale opposizione.
Fin dall’inizio fui colpita dal suo naturale coraggio nell’affrontare temi spinosi, segno di una limpidità di fondo, dalla sua apertura intellettuale scevra da pregiudizi, ipocrisie e chiusure mostrati talvolta da una certa parte della Chiesa. E soprattutto venni attratta dalla sua capacità di accoglienza e dalla grande umanità, come pure dalla bonarietà, non semplicistica, che lo contraddistinguevano. L a sua naturale elasticità mentale era arricchita da studi approfonditi che avrebbero potuto rischiare di renderlo individualista, ma che invece completavano la sua personalità rendendolo propenso al rapporto. Un dialogo autentico, in cui il ricercatore teneva conto dell’altro, non effettuando alcun tentativo di facile prevaricazione, ma senza neppure rinunciare ad esprimere le proprie idee, non tradizionalistiche anzi audaci e non sempre immediatamente condivisibili. Per di più, possedendo un rilevante strumento di comunicazione come la conoscenza di ben sette lingue straniere, tra cui l’ Aramaico ed il Greco antico, riusciva a trasmettere oralmente quei concetti , derivati dalla sua attività di ricercatore, che andava esprimendo per iscritto. (E’ autore di ben venticinque libri e di numerosissimi articoli!!…). Dialogava semplicemente con tutti, spinto dalla necessità interiore di far comprendere, chiarire. La sua esegesi attenta mirava anche a liberare le Sacre Scritture dagli aspetti sociali e ambientali dell’epoca , allo scopo di rendere il messaggio evangelico assoluto e generalizzabile. Da ciò p. Ortensio traeva un chiaro indirizzo : riportare il Cristianesimo alla semplicità, all’umiltà ed alla povertà delle origini. Quando Cristo si proclamava il servo dei servi e non il Re dei Re. Lo studioso, seguendo gli insegnamenti evangelici, aveva fortemente intaccato l’immagine di un Dio giudice severo a favore di un Dio misericordioso, e lui stesso , nella sua funzione di confessore, praticava nel giudizio La Misericordia. Era convinto che il senso di colpa, appesantito da un giudizio impietoso, imprigiona la persona, la paralizza, impedendole non solo di liberarsi dal male ma anche di riprendere la via del bene. Esprimeva per questo grande forza nell’incoraggiare colui che era prostrato dal peccato. E’ grazie a queste idee di autentica cristianità che aveva instaurato una proficua corrispondenza epistolare con Papa Francesco, dal quale si sentiva compreso a fondo, corrisposto e per questo accolto, al contrario di certe Autorità Ecclesiastiche del passato che lo avevano emarginato.
A distanza di poco più di un anno dalla sua morte, mi fa piacere parlare di Lui, quasi allo scopo di tenerlo ancora in mezzo a noi, come persona e come sacerdote, anche se in lui queste due immagini andavano a coincidere. Egli ha riservato a me ed ai miei familiari tanti anni di profonda amicizia, partecipando con la sua funzione di Religioso ai momenti più significativi della famiglia. In particolare ha benedetto i miei genitori per il 50 anniversario del loro matrimonio, le gioiose Nozze d’Oro, evento che ha riunito tutti noi, figli e nipoti, attorno ai nostri cari nell’allegria. Egli stesso vi ha partecipato con i medesimi sentimenti perché era considerato affettivamente, e si considerava , uno di noi. Una cerimonia proprio intima, nella Chiesetta di legno del lungomare di S. Benedetto del Tronto. C’era mio fratello maggiore, Guido, sua moglie Maribel , laureata in Medicina e chirurgia a Madrid, trasferitasi con la famiglia a Caracas, dove esercitava la professione di anestesista , ruolo che ha poi continuato a rivestire, dopo il matrimonio con un marchigiano e dopo la convalida della Laurea e della specializzazione a Roma, all’Ospedale Maggioni di Ascoli Piceno , ed il loro figlio, adolescente, ErmesGuido; mio fratello Giampiero, secondogenito, sua moglie Tina (Benedettina), figlia della famosa maestra Pavoni di S. Benedetto del Tronto, e le loro figlie adolescenti: Monica, Clarice, Barbara. I soli “invitati” erano le persone a noi più vicine e care: zia Fortunata, sorella di mio padre Gino, che da Offida era andata a vivere con Guido ad Ascoli; il padre di mia cognata Maribel, il Dott. Luis de Léon, anch’egli medico a Caracas, in pensione in quel momento, e che passava alcuni mesi dell’anno ad Ascoli; la signora Maria Canullo, dirimpettaia del nostro appartamento, la quale, pur non essendo nostra parente diretta, aveva, con le figlie Tiziana e Teresa, un posto importante nel cuore di mia madre ed in quello di noi tutti.
P. Ortensio è stato inoltre presente in altri avvenimenti fondamentali, pur se tristissimi: ha officiato il rito funebre di mio padre, quello di mia madre, ed infine quello di mia zia Fortunata, seguendoci al Camposanto di Offida in un gesto di profonda condivisione del dolore.
A proposito della orazione funebre di mia madre, Clarice Rampioni Carassi, non dimenticherò mai alcune parole di quel sacerdote ispirate da grande fede, consolatorie e affettuose insieme, alcune delle quali tratte dal Vangelo ed altre concernenti le sue proprie riflessioni: “ La nostra vera patria è nei cieli (Fil. 3,20 – 21) … la morte non è la fine, ma l’inizio della vita. Essa riguarda noi, non Clarice. Siamo noi ora gli infermi, i paralitici, i ciechi che attendono la guarigione. Non dipende dal nostro credere o non credere il destino di felicità che ci attende, come non dipende da nessuno di noi l’esistere o il non esistere. Possiamo solo accettarlo di buona volontà , come ha fatto lei che nella fede ha trovato sempre la sua serenità e la sua pace. Personalmente ho conosciuto la Signora Clara circa 25 anni fa. Era una persona riguardosa delle situazioni e delle persone. Mi è venuto qualche volta in mente che avrebbe voluto anche a me dire qualcosa. Forse non era convinta della nuova linea che il Concilio aveva accordato ai sacerdoti e che poteva apparire più laicale che religiosa, ma non ha mai detto una parola. L’ha accettato con quella cortesia, bontà e rispetto che le erano abituali. Carissimi, la partenza di un nostro caro lascia sempre un vuoto in noi e attorno a noi. Ci mancherà una persona insostituibile, cara. La fede non varrà a cancellare il dispiacere della sua assenza, ma al di là delle distanze che ci separano, la Signora Clarice è ancora con noi, in un piano superiore del grande edificio in cui pure noi abitiamo, solo che lei è più in alto e ci saluta dal suo nuovo balcone con la sua abituale festosità e con il suo sorriso, e ci attende, in un giorno che nessuno sa quale, presso il Signore della luce. Lei con tutta la sua realtà corporea e spirituale ha acquisito una nuova esistenza , si muove e parla con i suoi congiunti (e sono i più!) compagni di viaggio. Un mondo più bello dove violenze e lutti non esistono . Nel nostro dolore troviamo conforto nella parola del Signore che supera ogni nostra attesa. Con la Liturgia ripetiamo ancora una volta anche noi “La VITA ETERNA dona a noi Signore, splenda su di lei la luce perpetua, VIVA in pace. Così sia.”
Parole così semplici, convinte, genuine, direi candide, tali da giungere naturalmente al cuore di noi tutti, portandovi calore e speranza.
Desidero anche ricordare che in un momento di grande mio dolore, p. Ortensio mi spedì in una lettera “La preghiera del Viandante”, da “La Grande Sintesi”, che sarebbe interessante riproporre qui per intero. Mi limito a riferirne alcune frasi:
“Quando la tempesta ruggisce e la terra trema, una voce ti dice: Dio. E la visione stupenda supera ogni dolore… Rispondi, o anima, all’immenso amplesso e sentirai veramente Dio. Se l’intelligenza dei Grandi si prostra e venera…. si accosta al Divino per le vie del dolore e dell’amore, lo sente per le vie di questa più profonda Sapienza. Così prega, o anima stanca. Posa il capo sul Suo petto e riposa”
Nella stessa busta inserì anche ”La preghiera del Grande Spirito”, scritta dal Capo Sioux, di cui riporto qualche frase:
“Sono piccolo e debole. Ho bisogno della tua forza e della tua saggezza. Fammi camminare fra le cose belle. Fa’ che i miei occhi ammirino il tramonto rosso, fa’ che le mie mani rispettino ciò che tu hai creato e le mie orecchie siano acute nell’udire la tua voce”.
P. Ortensio aggiunse ad entrambi gli stampati, quasi a scusarsi, queste parole scritte di suo pugno :
“CARISSIMA, AVREI VOLUTO, DOVUTO, INVIARTI DUE RIGHE PIU’ PERSONALI, RICORDANDOTI TUTTA LA MIA STIMA E FIDUCIA CHE SEMPRE HO AVUTO IN TE DA QUANDO CI INCONTRAMMO LA PRIMA VOLTA AD OSIMO ED IN SEGUITO SEMPRE CON EGUALE SIMPATIA, MA MI MANCA IL TEMPO PER FARLO. NON PERDERE LA SPERANZA, TIENITI FERMA IN CHI NON TI HA PERSO MAI DI VISTA, GINO E CLARICE, E IL SOTTOCRITTO P. ORTENSIO.”
Grazie, caro p. Ortensio! Come per te il messaggio del Vangelo è guida alla tua vita, anche per me “la tua parola è lampada ai miei passi”.
Graziella, con affetto
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