Enzo Romagnoli
Alla scoperta delle personalità più nascoste della fotografia italiana che con la loro attività contribuiscono alla crescita culturale del Paese
a cura di Claudio Marcozzi.
La provincia italiana è ricca di persone che lavorano in silenzio raggiungendo livelli di eccellenza di cui si parla troppo poco e anche nel settore della fotografia ci sono individualità capaci di portare avanti progetti che nulla hanno da invidiare a quelli più celebrati dai media, anzi, spesso è proprio nei piccoli ambiti periferici che tante iniziative possono più facilmente realizzarsi. Ci sono naturalmente i pro e i contro nel lavorare lontano dai centri propulsivi, bisogna viaggiare molto per avere dei contatti che non siano solo di mail e di monitor ma abbiano il calore che va da una stretta di mano in poi, fino al toccare le stampe fotografiche e sentirne la magia anche col tatto, mentre la voce dell’autore aggiunge quello che manca alla visione. Si è più distanti dalla comunicazione che conta, perché anche in questo caso una semplice mail può essere utile a stabilire il contatto e mantenerlo, ma quello che diventa determinante, anche con i media, le gallerie e le grandi aziende del settore, è sempre il rapporto diretto. Esistono, fortunatamente, anche aspetti positivi, che sono quelli tipici delle realtà locali, frutto di conoscenze e vicinanze, di stime reciproche confermate dagli anni che possono dare impulso immediato alle iniziative. In una grande città bisogna mettersi in fila per ottenere udienza nelle istituzioni, mentre nei piccoli centri basta un incontro per strada o in un bar con un sindaco o un assessore per dare la spinta necessaria a tanti progetti.
A Potenza Picena, nelle Marche, c’è Enzo Romagnoli, da tempo conosciuto come un grande organizzatore di manifestazioni fotografiche la cui attività è ben nota anche fuori regione. Con un passato di consulente aziendale e una grande passione per la fotografia, è stato tra i fondatori del fotoclub locale, ricoprendone la carica di presidente per cinque anni. Non so in quante altre parti del mondo sia possibile mettere in programma ben 45 eventi in cinque anni, tutti di buon livello, bene, a Potenza Picena è successo, grazie soprattutto a lui. Ottime mostre, conferenze, corsi, letture di portfolio, incontri con autori e critici, edizione di libri, quando Romagnoli si mette in moto diventa un rullo compressore. La sua capacità di raccogliere fondi e sponsorizzazioni è incredibile, merito del rispetto che si è saputo guadagnare con il suo precedente lavoro e anche della cordialità con cui sa gestire i rapporti con le persone. L’amministrazione comunale ha concesso al fotoclub una sede importante, la chiesa sconsacrata di Santa Caterina (1280) con gli ambienti annessi. Ora la navata è diventata una grande sala per le esposizioni, mentre gli altri spazi sono destinati alle riunioni, ai laboratori e agli archivi. Nello stesso luogo è ospitata la Fototeca Comunale, affidata in gestione al circolo, che raccoglie diversi fondi di fotografi scomparsi, come il potentino Bruno Grandinetti, al quale è intitolata.
Romagnoli ha al suo attivo anche alcune mostre personali, ma questo aspetto non figura in cima alla sua lista di priorità, sicuramente si diverte di più ad organizzare e promuovere mostre degli altri, si sente più gratificato quando può contribuire a dare spazio e soddisfazione a qualche autore che con il proprio lavoro è riuscito a fulminare la sua attenzione, che sia già noto o sia un giovane che merita di essere valorizzato poco importa. Giusto per fare qualche nome: Nino Migliori, Francesco Cito, Giuliana Traverso, Antonio Manta, Renzo Tortelli, Daniele Cinciripini, Gianluigi Scarfiotti e, tra i più giovani, Ilaria Di Biagio e Gianluca Ferroni.

Mostra di Sandro Mongardini allestita nello Spazio Produttivo del Panificio Eredi Borroni durante la notte Magica della Fotografia.
Tra le tante manifestazioni ce n’è però una che può essere considerata come il fiore all’occhiello, la “Notte Magica della Fotografia”. Una notte bianca, in pratica, ma questa ha qualcosa che la distingue e la caratterizza fortemente: delle 49 mostre aperte in contemporanea (avete letto bene, quarantanove!) ben 46 sono ospitate in luoghi privati, soprattutto abitazioni che i cittadini hanno aperto e messo a disposizione. Questo ha generato un coinvolgimento totale degli abitanti, uno scambio continuo di esperienze e di considerazioni da parte di chi raramente produce o visita mostre, un tipo di ospitalità particolare che va dall’allestimento e custodia delle opere al piacere dell’accoglienza fino al buffet dolce o salato preparato in casa, tanto per dare una prova ulteriore delle sapienze locali. Alcune mostre sono poi allestite all’interno di attività produttive, artigianali, commerciali e ricreative, creando delle associazioni intriganti tra la tipicità dello spazio e il tipo di mostra che non mancano di sorprendere per la genialità progettuale. Le istituzioni, naturalmente, non mancano all’appello, mettendo a disposizione i locali prestigiosi di cui dispongono. Il percorso di visita è poi disseminato di proiezioni multimediali su maxischermo, punti di ristoro, angoli caratteristici destinati alla musica, mostre di altre arti, in un corollario di appuntamenti che arricchiscono il visitatore di emozioni indimenticabili.
Un intero centro storico animato dalla passione per la fotografia e la diffusione di cultura con un evento così pensato è innegabile. Il sogno di Enzo Romagnoli, frequentatore delle Notti di Arles, soprattutto quella del quartiere della Roquette, era di fare qualcosa di simile nel suo paese e alla fine c’è riuscito alla grande, trasformando in realtà quella che a molti appariva come una follia.
Grande collezionista di apparecchi fotografici, ha deciso di donare al comune una parte della sua collezione e così nel mese di marzo del 2014 è stato inaugurato il Museo di Fotocamere d’Epoca tematico dedicato alla Kodak: tutte le macchine prodotte dalla gloriosa casa di Rochester sono custodite in vetrine con dati storici, da George Eastman fino ai tempi più recenti con un percorso che evidenzia l’evoluzione delle tecnologie. Un indubbio arricchimento per tutta la comunità.
Ma parliamo un po’ anche del Romagnoli fotografo, e del suo ultimo lavoro, un reportage nello Sri Lanka. Di sicuro non è andato fin laggiù per fare il turista, ma il suo interesse per la gente lo ha portato nelle zone interne dell’isola a cercare quegli incontri che soli possono dare il giusto senso ad ogni viaggio. Dopo le vaste piantagioni di the e il caldo feroce della foresta equatoriale, ha deciso di fermarsi nella provincia di Sabaragamuwa, tra i minatori di Ratnapura. Il nome del capoluogo significa “città delle gemme” e costituisce infatti un importante centro del commercio internazionale di pietre preziose. Dietro ai mondi scintillanti degli affari, però, ci sono spesso storie umane che di sfarzoso hanno ben poco, storie di persone che stentano a mettere insieme la giornata.
Le miniere sono in realtà dei pozzi costruiti in modo rudimentale, senza rispettare le norme più elementari di sicurezza, in cui gli uomini si calano a mani nude reggendosi alle strutture. Una volta sul fondo sono in ammollo, rastrellano e portano in superfice il pietrisco mentre le pompe rumoreggiano per liberare quel budello dall’acqua. Gli incidenti, ovviamente, sono frequenti.
Quella di Ratnapura è una pianura alluvionale dove il fiume Kalu Ganga e i suoi affluenti erodono continuamente i fianchi delle montagne, provocando uno sbriciolamento che contiene una percentuale di gemme commerciabili che vengono raccolte e selezionate dai cercatori con i loro setacci. Ai minatori spetta di diritto una piccola parte delle pietre, quelle meno pregiate, che va poi ad alimentare il contrabbando per le strade della città.
Intorno ai pozzi, in mezzo al fiume e nelle baracche in cui alloggiano Enzo Romagnoli si è fuso con loro, dopo aver preso confidenza anche con gli scorpioni e le sanguisughe, per raccontare gli stenti, i pericoli e le piccole soddisfazioni di una comunità che vive con dignità ai margini del mondo.
Da un ambiente come questo, fino alle scuole buddiste dei templi di Dambulla, il passaggio è dal materialismo più rude al misticismo delle tecniche spirituali.
Quello di Dambulla è il tempio di roccia meglio conservato dello Sri Lanka e sovrasta le pianure circostanti. Nel circondario vi sono oltre 80 grotte, alcune delle quali ricche di statue e pitture dedicate al Buddha ed alla sua vita: vi sono in totale 153 statue del Buddha e i murali coprono un’area di oltre 2000 metri quadrati. Numerosi sono i monasteri, ben conservati, con le loro scuole.
Qui Romagnoli si è soffermato per raccontare la giornata dei giovani allievi, monaci bambini e ragazzi più avanti nel loro percorso di crescita, li ha seguiti senza essere invadente e ci ha reso partecipi anche dell’orgoglio delle famiglie locali, soprattutto delle zone rurali, di avere un figlio che faccia da tramite tra loro e la divinità.
Anche nel villaggio dei Mujahadeen Puram, abitato dalla minoranza Tamil di religione musulmana, ha incrociato sguardi che arricchiscono lo spirito, stabilendo quel contatto profondo che va oltre le barriere linguistiche, oltre la diffidenza verso l’estraneo di passaggio, oltre la miseria evidente. Il rapporto umano, quando è sincero, può fare a meno di molti dogmi erroneamente importanti altrove, basta uno sguardo, basta un cenno, un sorriso. E quando le parole non bastano, o non servono, basta una fotografia.
Articolo tratto dalla rivista “Fotografia Reflex – Luglio 2015”