Ricordando Fermina Boccanera, la nonna delle rose di Potenza Picena
Potenza Picena nel passato è stata caratterizzata, come tutte le altre realtà dove prevalente era l’attività contadina, dalla presenza delle nostre vergare, donne forti, che non solo dovevano svolgere il ruolo di mogli e madri, ma riuscivano ad amministrare bene la loro famiglia, anche quando i loro mariti spesso emigravano all’estero per cercare lavoro, in particolare in Argentina, dove passavano la stagione dei raccolti per poi ritornare in Italia.
In pochi casi queste nostre vergare sono riuscite ad uscire dall’anonimato familiare svolgendo anche un ruolo sociale.
A Potenza Picena si ricorda una donna, Fermina Boccanera, figura minuta che era solita vestire in modo tradizionale contadino con una lunga ed ampia gonna scura, il caratteristico guarnello, protetta da una pannella e fazzoletto in testa, che aveva l’abitudine di piantare rose ai margini delle nostre strade. In pratica curava l’arredo urbano, come si potrebbe definire oggi, in maniera spontanea e gratuita. Una vera ecologista nostrana, quando ancora nessuno usava questo termine.
Fermina (conosciuta meglio come Firmina) Boccanera, mia nonna paterna, nata a Montelupone il 2/2/1886 da Giuseppe e Colomba Antonelli, il 5 gennaio 1913 sposa, sempre a Montelupone, Costantino Onofri, contadino e dal loro matrimonio nascono Vincenzo, Alfredo e Albino, mio padre. Nel 1934 tutta la famiglia si trasferisce da Montelupone a Potenza Picena in Vico Guarnieri nel centro storico, a Galiziano.
Fermina va a lavorare alla SCA (Società Ceramica Adriatica) di Porto Potenza Picena come pressatrice, mentre il marito Costantino viene assunto come carriolante presso la Fornace Antonelli in C.da Panperduto.
Fermina è morta il 10/3/1970.
Fermina Boccanera per il particolare modo di vestire, come le nostre vergare di campagna di un tempo, ai ragazzi più piccoli faceva molta paura, ma non era cattiva, era una nonna dolce ed affettuosa. Aveva questa sua passione ecologista di piantare rose ai margini delle nostre strade, spontaneamente senza che nessuno glielo chiedesse, facendo per questo arrabbiare il cantoniere provinciale Aurelio Marinozzi. Molta della mia originalità l’ho eredita sicuramente da mia nonna, che oggi a distanza di tanti anni voglio ricordare e rivalutare.
È un omaggio a tutte le nostre donne, alle nostre vergare, alla nostra tradizione contadina di cui andare sempre orgogliosi, perché ognuno di noi, anche se non lo vogliamo ammettere, dalla terra abbiamo le nostre radici. Come sarebbe bello se si potesse continuare ad abbellire i margini delle nostre brutte strade con delle rose, come nel passato era solita fare mia nonna Fermina?